“Trovo ingiusto che il mio futuro dipenda da un test a crocette” lo spiega Marta, 19 anni, in procinto di entrare nell’Aula Magna della facoltà di Ortopedia all’Università La Sapienza di Roma per ‘tentare’ il fatidico test d’ingresso per la facoltà di Medicina e Odontoiatria. Insieme a lei altri 6.993 ragazzi in attesa a La Sapienza e a Tor Vergata che fanno parte di quei 66.907 studenti in tutta Italia che si contenderanno i 9.100 posti disponibili.
“Numero chiuso? È limitante, siamo tanti giovani con tante ambizioni e non dovrebbe essere un test a decidere la nostra idoneità – dichiara Giulia, 18 anni fresca di diploma scientifico -. Io credo ci siano altre soluzioni, per esempio si potrebbe proporre il primo anno d’iscrizione aperto e alla fine dei 12 mesi stabilire uno sbarramento: chi ha accumulato i crediti previsti passa al secondo anno, chi non è riuscito non passa al livello successivo“.
“È ingiusto, la vera selezione avviene nel corso degli anni: non è una prova che può definire chi può essere un buon medico e chi no. Servono altri criteri di selezione” a dire la sua è Mario, 19 anni dalla Calabria per diventare medico. “Il mio più grande sogno da quando ero bambino: indossare il camice bianco per aiutare gli altri“.
“Sono al secondo tentativo – racconta Chiara, 20 anni, romana – probabilmente ci sarà anche un terzo, ma non mi arrendo, continuo a provarci”. Ed è così anche per Roberto, 19 anni: “Se non riesco a superare il test ho il piano B: biologia per un anno e il prossimo anno ritento. Spero di riuscire ad entrare prima o poi“.
“Il Paese dovrebbe dare la possibilità ai giovani di realizzare le proprie ambizioni, studiare e costruire il proprio futuro è un diritto – lo dichiara Elisa, 18 anni ma molto determinata -. “La selezione è naturale, chi non ce la fa durante il corso degli studi decide autonomamente di ritirarsi, ma la libertà di scegliere è un diritto insindacabile“.