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Un aumento significativo di posti al test di Medicina già per l’annata 2023-2024. La ministra dell’Università Anna Maria Bernini lo ha detto durante il question time del 2 marzo in Senato. Non sono stati divulgati numeri specifici, ma la promessa sembrerebbe essere quella di concedere a più persone di accedere alla facoltà di Medicina, senza eliminare l’accesso programmato. Vediamo cosa ha detto la ministra.
“Sono in corso lavori sugli accessi a Medicina, il tema è quello di aprire il numero, aumentando del 20-30% gli accessi già dal 2023-24”, questa la dichiarazione di Bernini in aula. La ministra ha aggiunto che c’è una riflessione in corso da tempo su questo corso di laurea.
Ricordate il gruppo di lavoro istituito per rivedere i fabbisogni regionali e le modalità di accesso?
Aumento posti a Medicina: e i TOLC?
Il primo step di questa modifica, secondo Bernini, passa attraverso i TOLC di quest’anno. “Un’innovazione rilevante – ha detto – che ha già avuto ottimi risultati nei corsi ai quali è stata applicata, siamo consapevoli, però, che da sola non poteva risultare soddisfacente. Il tema resta quello di adeguare i numeri di accesso a Medicina al fabbisogno reale di medici e di specialisti”.
La ministra ha confermato di tenere in considerazione l’imminente ondata di pensionamenti dei medici al momento in attività e la necessità di supplire alla carenza che creeranno. Oltre a quella attuale e sistemica, che si sta cercando di sconfiggere. “Il lavoro in corso è attento ed ambizioso – ha aggiunto – e punta a definire il fabbisogno dei medici e ad adeguare le capacità e l’offerta potenziale del sistema universitario, al fine di rivedere i meccanismi di programmazione degli accessi”.
La modifica parte dagli Atenei e dal fabbisogno
Cosa significa, nella pratica, aumentare del 20-30% i numeri degli accessi 2023/24? Prima di tutto agire dall’interno per poter mantenere lo stesso livello qualitativo di formazione e tirocinio. Sappiamo che le strutture italiane (universitarie e ospedaliere) spesso non riescono ad assicurare la stessa esperienza formativa a tutti gli iscritti; quindi, il cambiamento deve passare prima di tutto da lì.
Per la ministra una soluzione per “l’accesso sostenibile” potrebbe trovarsi nell’aprire le università ai territori e modulare il fabbisogno del personale sanitario tenendo conto delle esigenze delle realtà territoriali. Per farlo, prima di tutto si deve rivedere il fabbisogno nazionale di medici, e alla base quelli regionali. Sempre considerati al ribasso, sono stati i fabbisogni ad aver ingolfato negli anni precedenti sia la facoltà di Medicina che le specializzazioni, con l’imbuto formativo.
Numero chiuso: non è più facile eliminarlo?
Ora la ministra Bernini vorrebbe individuare una cifra “reale” per colmare il gap dei fabbisogni, ma non è semplice valutare la fattibilità di questa operazione. Potrebbe volerci molto tempo per adeguare le numeriche e nel mentre tantissimi perderebbero forse l’opportunità della vita, ripetendo il test per troppe volte senza superarlo.
E se ci sarà questo aumento di posti 2023/24, quando sarà comunicato? Sappiamo che per ora sono 14.211 ma devono essere confermati in Conferenza Stato-Regioni. Vedremo quindi subito un aumento sostanziale?
Perché non eliminare direttamente il numero chiuso? In questo modo il fabbisogno sarebbe certamente coperto e non ci sarebbero rinunce da parte degli iscritti.
Sostenibile o no
“La previsione di un numero predeterminato di posti disponibili è in alcuni ambiti necessaria – ha detto Bernini – così da mantenere alta la qualità della formazione e ridurre il più possibile il mismatch tra domanda e offerta di professionalità, avvicinando il profilo in uscita dal percorso formativo a quello richiesto per l’immissione nel mondo lavorativo o professionale”. Ammettendo che “il livello di programmazione non può essere unicamente commisurato alle capacità formative del sistema, sulle quali anzi bisogna agire al fine di rafforzarle”.
Infine, Bernini ha affermato che questa rideterminazione del livello di accessi a Medicina potrà costituire un modello per ripensare la legge del 1999 sull’accesso programmato. “La parola chiave per una sua rivisitazione – ha concluso – è sostenibilità”.
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