Sommario
In Italia cresce sempre di più, soprattutto tra i più giovani, la consapevolezza di dover preservare l’ambiente e i suoi ecosistemi al fine di proteggere la salute umana. Secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2022 i cambiamenti climatici si confermano al primo posto tra le preoccupazioni della popolazione (indicato dal 56,7% delle persone dai 14 anni contro il 52,2% registrato nel 2021), seguito dai problemi legati all’inquinamento, considerati particolarmente rilevanti e preoccupanti dal 50,2% delle persone. Sempre secondo l’indagine multiscopo “Aspetti della vita quotidiana” dell’Istat, inoltre, lo scorso anno è cresciuta l’apprensione per l’effetto serra, preoccupando poco meno del 40% di coloro che hanno dai 14 anni in su, mentre solo tra il 10 e il 12% considera l’inquinamento acustico, l’inquinamento elettromagnetico e il deterioramento del paesaggio tra i primi cinque problemi ambientali.
Per quanto riguarda i giovani, secondo gli ultimi dati raccontati da Openpolis, il 51% degli europei tra 15 e 24 anni “si dichiara molto preoccupato per il cambiamento climatico”, contro il 45% nelle altre fasce d’età. Un divario che è ancora più ampio in Italia dove “quasi 2 ragazzi su 3 sono molto preoccupati per il clima, a fronte di una media del 53% nella popolazione complessiva”. Una maggiore sensibilità e attenzione all’inquinamento ambientale, non sorprenderà sapere, si riscontra in particolar modo tra medici, professionisti sanitari e aspiranti tali. Sono infatti sempre di più i singoli e le associazioni di professionisti che, anche alla luce delle sempre nuove ricerche scientifiche in materia di medicina ambientale, ribadiscono la necessità di intervenire più concretamente per contrastare l’inquinamento in Italia.
I professionisti della salute: alleati contro l’inquinamento
È il caso, per esempio, dei 14mila tra pediatri e neonatologi che di recente hanno lanciato un appello congiunto ai sindaci chiedendo “azioni dirette”, volte a “modificare le abitudini della popolazione a vantaggio di uno stile di vita meno rischioso per tutti”. Come ricordano questi nella lettera infatti, “L’inquinamento atmosferico rappresenta infatti la più importante minaccia ambientale per la salute pubblica. Molti dei componenti o fattori in gioco nell’inquinamento atmosferico sono responsabili anche del cambiamento climatico, che a sua volta ha un impatto sulla salute della popolazione e causa numerosi effetti avversi”.
Per comprendere la portata del problema basta guardare agli ultimi dati diffusi dalla rivista Lancet secondo cui sono circa 7 milioni le morti premature riconducibili ogni anno all’inquinamento atmosferico a livello globale o, volendo restringere lo sguardo, a quanto emerso nel corso dell’evento ‘Liberi di respirare’ organizzato da Consulcesi Group in occasione della presentazione della causa legale collettiva ‘Aria Pulita’.
Secondo quanto raccontato dagli esperti della Società italiana di medicina ambientale (Sima) intervenuti nel recente evento insieme a molti altri esponenti istituzionali e scientifici infatti, “circa l’81% della popolazione della Ue respira un’aria con una concentrazione di polveri sottili superiore alle soglie di sicurezza sanitaria fissate dall’Oms già nel lontano 2005”. In Italia, parliamo di otto persone su dieci che respirano aria “malsana”.
Salute e inquinamento: i danni alla salute
Dal cancro alle malattie cardiovascolari e respiratorie, fino al il diabete di tipo 2 di nuova insorgenza, a disturbi mentali come l’Alzheimer e la demenza, e ancora, infiammazioni sistemiche, infertilità e malattie croniche, sono solo alcuni dei problemi ormai ampiamente accertati essere legati all’ inquinamento ambientale. Sebbene infatti l’entità del danno da inquinamento sappiamo essere il risultato di una molteplicità di fattori tra cui, in primis ma non solo, la durata dell’esposizione all’inquinante, le dimensioni delle particelle e la suscettibilità individuale, la comunità scientifica continua a ribadire unanime che non esiste un “livello di inquinamento” che non sia dannoso per la nostra salute. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, “circa il 24% di tutte le malattie nel mondo è dovuto all’esposizione a fattori ambientali”; tra i bambini sotto i 5 anni, sono causa del 33% delle malattie.
Medicina ambientale: che cos’è e perché è importante
In questo scenario, tra le branche mediche che acquisisce sempre più rilevanza non può che esserci quella che si occupa di indagare le patologie connesse a questioni ambientali, confermando come è nella conservazione degli ecosistemi che vanno ricercate le soluzioni per prevenire e curare moltissime delle più gravi patologie. Parliamo della medicina ambientale disciplina che, abbracciando e ramificandosi in molte altre discipline, si focalizza sullo studio degli effetti sulla salute dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici, come anche dell’utilizzo di fitofarmaci e dell’interazione con sostanze tossiche.
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Una sanità del futuro più attenta all’inquinamento
Per contrastare l’inquinamento, sono molteplici i cambiamenti previsti e auspicati per i professionisti della salute e per le strutture sanitarie in cui operano. Si guarda per esempio a nuovi modelli di ospedale che siano “flessibili, integrati, digitali e sostenibili”, come quello delineato nel Joint Research Platform Healthcare Infrastractures di Politecnico di Milano e Fondazione Politecnico di Milano. Accanto ai cambiamenti strutturali all’edificio energivoro per antonomasia, sono sempre di più gli esperti che riconoscono nei medici di famiglia un ruolo sempre più cruciale nella lotta all’inquinamento. Sono questi infatti secondo molti che, “se adeguatamente sensibilizzati, formati e organizzati, possono rappresentare l’anello di congiunzione tra evidenze scientifiche, problemi globali e azioni locali”, suggeriscono i medici autori del libro “…e dopo il COVID? Proteggere la salute e l’ambiente per prevenire le pandemie e altri disastri”.
Il “nuovo” ruolo di questi professionisti si inserisce in un più ampio rinnovamento dei sistemi sanitari territoriali, previsto e definito anche nel PNRR. In questo infatti, insieme ad altri importanti obiettivi (economia, giustizia, transizione ecologica, digitalizzazione etc.) viene posta l’attenzione sulla primary health care (Phc), intesa come “un’organizzazione che mira principalmente a mettere al centro delle valutazioni e delle azioni il cittadino-paziente e non le strutture sanitarie, che invece devono integrarsi tra loro per dare le risposte più appropriate in termini di tutela della salute”, come ricordato anche dagli esperti ambientali come la RIMSA (Rete italiana medici sentinella per l’ambiente), la FNOMCeO e l’ Isde-Italia, che concludono: “questa integrazione operativa deve realizzarsi anche e soprattutto con la formulazione di misure utili alla prevenzione primaria”. Come ricorda anche l’ISS, gran parte dei rischi legati all’esposizione ambientale possono essere evitati con “interventi mirati” e prevenire l’esposizione agli inquinanti “salverebbe circa 4 milioni di vite all’anno solo fra i bambini, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo”.
In Italia come altrove, è necessario allora un’azione più incisiva anche da parte delle istituzioni, come ricordato di recente anche dai legali di Consulcesi perché, mentre sulla carta, è riconosciuto a tutti il diritto alla salute e di vivere in un ambiente salubre, nel nostro Paese ci sono circa “40 milioni di persone che hanno respirato e continuano a respirare aria “avvelenata” da concentrazioni elevate di particelle inquinanti, come il particolato atmosferico (PM10) e il biossido d’azoto (N02)”.